I Sacri Gruppi

I 
LA SEPARAZIONE
Ceto: Orefici 
Opera di Mario Ciotta 
    Il gruppo apre la processione e rappresenta il momento in cui Gesù si congeda dalla Madre e da S. Giovanni.
    L’autore dal punto di vista del contenuto è originale perché non si ispira ad alcun vangelo. La figura del Cristo è più bassa rispetto alle altre due, come se l’artista volesse incentrare l’attenzione dei fedeli su Maria e Giovanni che soffrono maggiormente il dolore della separazione. Quasi a indicare l’origine spagnola dei Misteri i Trapanesi chiamano questo gruppo: ”La spartenza” (Las Partenzas in spagnolo). Nel 1621 fu affidato, con atto notarile, alla categoria degli orafi i quali imposero la clausola che per il futuro nessun gruppo poteva precederli nella processione del Venerdi Santo. Nel 1950 è stato restaurato da Bartolomeo Frazzitta. Attualmente la categoria è formata soprattutto da gioiellieri.  
 II                             
LA LAVANDA DEI PIEDI 
Ceto: Pescatori 
Opera di Mario Ciotta
  Il gruppo, che è fedele alla narrazione del vangelo di Giovanni, rappresenta la scena in cui Gesù lava i piedi all’apostolo Pietro, mentre un servo versa dell’acqua in una bacinella.
    L’atto di affidamento del 1621 fu motivo di diatribe fra la categoria. Nel 1646 i pescatori ricorsero addirittura al "ratto" del proprio mistero per custodirlo nella chiesa di S. Maria delle Grazie cui erano devoti. Nel 1704, con atto notarile, venne determinata l’assegnazione definitiva a tutti i pescatori. Dal punto di vista artistico il gruppo ha avuto più restauri, il più significativo dei quali risulta essere quello del 1946 avvenuto dopo i danni bellici ed eseguito da Giuseppe Cafiero, ma ha avuto di recente nuovi interventi.
III
GESU’ NELL’ORTO DI GETSEMANI 
Ceto: Ortolani
Opera di Baldassare Pisciotta
    La scena trae spunto dall’episodio narrato dall’evangelista Luca e si svolge nell’orto di Getsemani, sul monte degli ulivi, dove, mentre gli apostoli Pietro, Giovanni e Giacomo dormono, un angelo offre a Gesù in preghiera il calice della passione e della morte.
    L’opera è altamente espressiva: il volto di Cristo irradia consapevolezza ed aspettazione. Il gruppo venne affidato agli ortolani nel 1620 con atto notarile che porta la data del 27 aprile. Per secoli la categoria è stata molto agiata: nell’hinterland della città agli inizi del secolo scorso esistevano decine di “orti”, ormai quasi tutti scomparsi a causa dell’espansione urbanistica. Nonostante ciò il ceto, allargatosi in altri settori della produzione agricola, mantiene l’impegno assunto al momento dell’affidamento. Il gruppo ha subito tre restauri: nel 1902 da Antonino Giuffrida, nel 1933 e nel 1949 da Giuseppe Cafiero.
 IV
L’ARRESTO 
Ceto: Metallurgici
Opera di autore ignoto
    Come descrive l'evangelista Giovanni, la scena rappresenta il momento dell’arresto di Gesù: Pietro si avventa su Malco, il capo della ciurma, per recidergli l’orecchio, mentre un soldato incatena Gesù e un giudeo gli illumina il volto con una lanterna.
    Dal volto dolce di Gesù, pronto a perdonare, sembra trasparire un rimprovero per l’apostolo che sta per mettere in pratica la legge del taglione. La data di assegnazione alla maestranza che, all’origine, era quella dei fabbro-ferrai, è l’8 agosto 1765.
Il gruppo è la sintesi di interventi che si sono seguiti nel tempo: andato distrutto l’originale, nel 1765 fu interamente ricostruito da Vito Lombardo che vi aggiunse la figura di Malco; nel 1930 Antonino Aula rifece in stile classico la “vara” del trasporto; nel 1986 la categoria provvide a proprie spese al rifacimento di alcune delle suppellettili d’argento. 
V
LA CADUTA AL CEDRON
Ceto: Naviganti
Opera di Francesco Nolfo
    L’opera è stata realizzata in base alla descrizione dell’evangelista Giovanni e raffigura Gesù, in catene, trascinato dalle guardie, che cade nell’ attraversare il torrente Cedron.
    Artisticamente si tratta di una vera opera d’arte di gusto prettamente barocco. E’ ignoto l’autore originario. Nel 1700 fu rifatto da F. Nolfo che, fra tutti gli scultori dei gruppi, è senza dubbio l’artista che sa significare più intensamente l’espressività dei volti dei personaggi come quest'opera evidenzia. Da notare il contrasto tra la dolcezza del volto di Cristo, una delle figure più artisticamente significative in assoluto e la ferocia che traspare dai volti degli sgherri. Il gruppo fu affidato alla categoria dei naviganti, detto della Marina Grande (ars nautarum) i 6 aprile del 1621 e da allora non ha subito alcun rifacimento. Anche la “vara” è originale. Il “mistero” è ricco di ornamenti d’argento di grande pregio artistico.
VI
GESU’ DINANZI AD HANNA
Ceto: Fruttivendoli 
Opera di autore ignoto
    La scena rappresentata si riferisce al brano evangelico narrato da Giovanni. Il momento descritto è quello in cui Gesù, interrogato dal pontefice Hanna, si rifiuta di rispondere mentre la guardia è sul punto di schiaffeggiarlo con un guanto di ferro.
    Originariamente è appartenuto ai ceti dei cordari e conciatori, e fu affidato ai fruttivendoli nel 1788. La figura di Cristo venne rifatta all'inizio del secolo scorso da Antonino Giuffrida. Nel 1943 il gruppo subì gravissimi danni in seguito a bombardamenti bellici. Nel 1951 fu restaurato da Domenico Li Muli e fece la sua ricomparsa in processione, ma per la fragilità dei sostegni interni di alcune statue in seguito si sono resi necessari interventi strutturali. E' ricco di ornamenti d’argento tra cui la splendida corazza di Malco che nel 1932 fu realizzata facendo fondere numerose monete raccolte nel mercato ortofrutticolo. L’elmo è del 1856 ed è stato donato dai fiorai trapanesi.
VII
LA NEGAZIONE
Ceto: Barbieri e Parrucchieri 
Opera di Baldassare Pisciotta
    La scena, che è descritta dall’evangelista Luca, è la seguente: Gesù viene condotto in catene nel Sinedrio perché Pietro lo riconoscesse come il Cristo, ma l’apostolo lo rinnega, così come Gesù aveva predetto: ”Tu Pietro, prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte”. Secondarie sono le figure di un'ancella che addita Pietro come uno dei seguaci di Cristo e di un soldato; sopra una colonna canta il gallo della predizione.
    L’autore originario è ignoto, fu rifatto da B. Pisciotta nel 1769. ‘E opera di grande intensità espressiva: il volto di Cristo non è minaccioso ma pieno di placida serenità e richiama nel discepolo l’idea della sua bugia. Il gruppo fu affidato alla categoria dei barbieri l’1 dicembre del 1661 ai quali si aggiunsero molto più tardi anche i parrucchieri. Non è stato mai sottoposto ad alcun intervento. La suppellettile d'argento è di grande fattura artistica.                                                                               
VIII
GESU’ DINANZI AD ERODE
Ceto: Pescivendoli 
Opera di Baldassare Pisciotta 
    L’autore si ispira ad un episodio narrato dall’evangelista Luca. Erode è seduto sul trono e ascolta lo Scriba (dottore della legge) che accusa Gesù, mentre un giudeo pone sulle spalle del Cristo, per scherno, un mantello bianco, e una guardia è in attesa di ordini.
    Nel rappresentare la scena c’è da parte dell’autore una scrupolosa aderenza all’episodio evangelico. Molto riuscito appare il contrasto tra la regalità divina e quella terrena rappresentati da Erode, seduto sul trono, con il capo cinto da una corona, e dall’umile Gesù posto al suo cospetto. Fu rifatto da B. Pisciotta nella seconda metà del ‘700. Concesso originariamente ai sensali e mugnai nel 1782, il “mistero” ha avuto nel tempo altri affidamenti e soltanto dal 1955 ne curano l’uscita i pescivendoli.  
 IX
LA FLAGELLAZIONE
Ceto: Muratori e Scalpellini
Opera di autore ignoto
    Rifacendosi all’evangelista Marco l’autore mostra Gesù, legato per le mani, ad una colonna, mentre due aguzzini tengono in alto i due flagelli: un ramo d’albero ed una corda arrotolata a più curvature.
    Il corpo di Cristo, pieno di piaghe, è rappresentato dallo sconosciuto e bravo autore con impressionante verismo. Il gruppo è stato assegnato alla categoria dei fabbricatori nel 1620 a cui si aggregarono l'anno dopo i marmorari. 'E l’unico a fregiarsi di un ornamento d’oro: la preziosa aureola del Cristo, che è stata realizzata nel 1954. Ha subito più di un restauro: agli inizi del’900 da Pietro Croce, con sostituzione del Cristo; l’ultimo nel 1987 eseguito da Angelo Cristaudo a Palermo, presso palazzo Abatellis, a cura della Sovrintendenza ai Beni Culturali. E’ l’unico a conservare la struttura originaria. Il “mistero” viene anche chiamato: “ Cristo alla colonna” e dà inizio alla storia dolorosa della Passione.
X
LA CORONAZIONE DI SPINE
Ceto: Fornai 
Opera di Antonio Nolfo
    L'ispirazione è tratta dal Vangelo di Matteo. Il gruppo rappresenta Cristo nell’atto in cui i soldati romani gli cingono il capo con una corona di spine mentre un giudeo gli rivolge dei gesti ingiuriosi, per cui il “mistero” viene anche detto :”L’ ingiuria”.
    Nel 1632 fu affidato ai mugnai ai quali, nel 1782, si associarono i fornai. Dal 1967 questi ultimi, che hanno arricchito notevolmente le suppellettili, sono rimasti da soli a gestirne l’uscita in processione. I variopinti pennacchi (di impronta spagnoleggiante) rappresentano la caratteristica del gruppo; artisticamente riuscite sono l'espressività dei volti e la cura dei particolari. Durante l’ultima guerra mondiale, a causa dei bombardamenti del '43, ha subito gravi danni e nel 1946 è stato ricostruito da Giuseppe Cafiero.
  XI
ECCE HOMO 
Ceto: Calzolai e Calzaturieri
Opera di Giuseppe Milanti
    Il gruppo, ispirato all’episodio del vangelo di Giovanni, raffigura Ponzio Pilato che, dal balcone, mostra alla folla Gesù con le parole:”Ecce homo”, per scegliere la sua liberazione o quella di Barabba.
    Fu affidato al ceto dei calzolai nel 1689. Di autore originario ignoto fu ricostruito nella prima metà del ‘700 da G. Milanti. Il bellissimo volto di Pilato, così naturale, sembra pronunciare veramente quelle parole di "Ecco a voi l' uomo". Il magnifico balcone eseguito in argento è opera dell’orafo Giuseppe Parisi che lo eseguì nel 1854. Nel 1986 è stato rimosso dalle incrostazioni accumulate negli anni ed ha subito un lieve restauro, eseguito da Angelo Cristaudo, che lo ha ricondotto ai colori originali. Data la quasi scomparsa dei calzolai alla categoria si sono aggiunti i calzaturieri.
XII
LA SENTENZA
Ceto: Macellai 
Opera di Domenico Nolfo
    La scena rappresenta Ponzio Pilato che, pur sapendo dell’innocenza di Gesù, è costretto a condannarlo per volere del popolo che lo accusava di essersi proclamato re dei Giudei. Dopo la sentenza un servo gli porge la bacinella per consentirgli di lavarsi le mani; un tribuno reca una tavola che riporta la condanna, mentre Gesù assiste con un soldato al suo fianco.
    E’ opera originale di D. Nolfo e risale al 1772. E’ l’ultimo “mistero” ad essere stato costruito. Il gruppo fu assegnato ai macellai nel 1782 dopo molte contestazioni perché si negava al ceto il diritto a ritenersi una maestranza. All’opera lavorò anche in aiuto del fratello Domenico, Francesco Nolfo. Il “mistero”, dominato dalla figura di Pilato, vestito alla maniera orientale, è arricchito da preziosità di stile barocco che lo rendono esteticamente interessante. 
  XIII
L’ASCESA AL CALVARIO 
Ceto: popolo
Opera di autore ignoto
    Il gruppo rappresenta la descrizione dell’evangelista Marco: Gesù, condannato a morte, trascina la sua croce al Calvario. I personaggi che lo circondano sono: la guardia che tira Gesù con la catena legata al collo, un aguzzino che lo flagella per stimolarlo ad alzarsi, Simone Cireneo che lo aiuta a sollevarsi, e la Veronica (la cui presenza sembra sia stata tratta dai Vangeli Apocrifi) che asciuga il volto sofferente del Nazareno (rimasto impresso su un panno).
    E’ il “mistero” più commovente e viene anche denominato " U Signuri ca cruci 'ncoddu". Concesso ai braccianti nel 1620, successivamente ai vinattieri e carrettieri, fu assegnato al popolo nel 1772. Il gruppo è il più pesante di tutti e venti e il numero dei portatori è quasi il doppio. Di pregevole valore artistico è il rivestimento in argento della croce, opera di Gaetano Parisi, e la corazza del centurione. ‘E ricoperto da ex voto. Nel 1903 in seguito ad un incendio causato dai ceri, si rese necessario un restauro: la sola figura di Cristo fu ricostruita da Antonino Giuffrida.   
XIV
LA SPOGLIAZIONE 
Ceto: Tessili ed Abbigliamento
Opera di Domenico Nolfo
    Gli autori si rifanno all’evangelista Marco e raffigurano il Cristo nell’atto in cui, prima di essere crocifisso, viene spogliato da due sgherri. Un giudeo lo aiuta mentre gli abiti gli cadono di dosso. Si dice che per quest’ultimo fosse stato preso a modello l’aiutante boia vissuto a Trapani al tempo della costruzione del gruppo.
    E’ opera originale del 1772. Il gruppo era stato assegnato ai bottai, ceto poi scomparso, per cui nel 1966 fu affidato alla categoria tessili ed abbigliamento. Le figure sono di dimensioni leggermente inferiori rispetto a quelle dei restanti ”misteri”. L’opera è da ritenersi tra le più belle e artisticamente tra le più valide (da notare la perfetta anatomia dei corpi). Fu restaurato nel 1902 da Antonino Giuffrida. La “vara”, di stile barocco, è originaria. 
XV
LA SOLLEVAZIONE DELLA CROCE
Ceto: Falegnami, Carpentieri navali, Carradori, Mobilieri
Opera di Domenico Li Muli
    Lo scultore, ispirandosi al vangelo di Giovanni, rappresenta il momento in cui Gesù, inchiodato alla croce, viene sollevato per mezzo di due corde dai suoi carnefici, mentre due servi li aiutano a fissare il legno sul suolo.
   Nel 1620, il 7 aprile, il gruppo fu assegnato alla categoria dei soli "maestri d'ascia", affiancati tuttora dalle altre categorie. Il gruppo originale venne distrutto dai bombardamenti aerei durante l’ultima guerra e, nel 1952, ne ebbe l’incarico per la ricostruzione Domenico Li Muli. Per la libera tematica seguita dall’artista, però, non piacque né alle categorie né ai trapanesi e Li Muli fu costretto a rieseguire l'opera con maggiore aderenza evangelica. Il gruppo attuale è del 1956. La figura di Cristo rimane lo stesso tra le meno riuscite, pur avendo avuto un valente autore.
XVI
LA FERITA AL COSTATO 
Ceto: Pittori e Decoratori
Opera di Domenico Nolfo 
    Il gruppo raffigura Gesù morente sulla croce, come descrive l'evangelista Giovanni. Un soldato romano colpendo il Cristo con la lancia si accerta della sua morte. Ai piedi della croce sono rappresentati: la Madonna, la Maddalena e il discepolo prediletto Giovanni che, afflitti, assistono alla morte di Gesù.
    Nel 1620 fu affidato al ceto dei funai e canapai, un tempo a Trapani categorie fiorenti. Il primo autore è ignoto e fu rifatto da D. Nolfo nel 1771. L’opera  è stata attribuita anche ad Andrea Tipa per una caratteristica tipica di quest’artista cioè la brevità degli arti dei corpi. Attualmente il gruppo che esce in processione è quello restaurato da Cafiero dopo i danni subiti durante il secondo conflitto mondiale. Nel 1966 pittori e decoratori si sostituirono alle primitive categorie, ormai in estinzione.  
XVII
LA DEPOSIZIONE 
Ceto: Sarti e Tappezzieri
Opera di Antonio Nolfo
    La scena rappresenta il racconto dell’evangelista Giovanni. Il corpo di Cristo viene deposto ai piedi della croce su un bianco lenzuolo e la Madre, la Maddalena e il discepolo Giovanni lo piangono dopo aver assistito alla sua agonia.
    Il diritto di rappresentare la scena venne concesso alla categoria dei sarti nel 1619. L’opera è stata realizzata nel 1730. Danneggiato gravemente durante i bombardamenti dell’ultima guerra, nel 1951 il gruppo fu ricostruito scrupolosamente da Antonio Fodale e Leopoldo Messina. Alla categoria dei sarti da alcuni anni si è aggiunta anche quella dei tappezzieri. Ogni anno il “mistero” viene corredato con bianche lenzuola e fazzoletti ricamati a mano dai devoti.
XVIII
 IL TRASPORTO AL SEPOLCRO 
Ceto: Salinai 
Opera di Giacomo Tartaglia 
    La composizione si rifà al racconto dell’evangelista Luca. Si tratta di un’opera ricca di personaggi in cui compaiono oltre alla Madonna, a San Giovanni e alla Maddalena anche Giuseppe d’Arimatea (che aveva ottenuto da Pilato il corpo di Gesù per seppellirlo nella tomba di sua proprietà), e Nicodemo, un ebreo convertitosi alla parola del Cristo.
    Nel 1619 il “mistero” era stato affidato al ricco ceto dei corollai. A causa del declino della categoria, ad essi nel 1790 subentrarono i salinai, ceto anch’esso molto fiorente grazie all’industria del sale a Trapani. Fu costruito nella prima metà del ‘700. I bombardamenti del 1943 lo danneggiarono gravemente e si rese necessario un minuzioso restauro che, nel 1947, fu affidato a Giuseppe Cafiero.  
 XIX
 L’URNA 
Ceto: Pastai
Opera di Antonio Nolfo 
    Il “mistero” completa la storia della Passione di Cristo. L’autore, ispirandosi all’evangelista Giovanni, ha posto Gesù, ormai morto, in una grande urna di vetro dalla quale traspare disteso il corpo martoriato del Cristo.
    'E uno dei gruppi più antichi dell'intera processione insieme all'Addolorata, infatti nelle antiche “Casazze” i gruppi scultorei si formarono a partire da questi primi due, il Cristo nell’urna e la madre addolorata. Originariamente, prima di cederlo ai pastai nell'800, i confrati del Preziosissimo Sangue di Cristo e poi quelli di S. Michele lo conducevano in processione a spalla. L’opera è della prima metà del ‘700. Anche se nel passato è stato molto venerato dai fedeli, ai nostri giorni non gode più della stessa venerazione e meriterebbe, per il fatto di raffigurare Cristo nel sepolcro, una maggiore solennità nell’essere condotto in processione.  
  XX
L’ADDOLORATA 
Ceto: Baristi, Camerieri e Pasticceri 
Opera di Giuseppe Milanti
    La statua della Madonna, tutta avvolta nel suo mantello di velluto nero (un ex voto), è quella che chiude la processione dei Misteri. Il suo atteggiamento è quello di una madre colpita dalla più grande delle tragedie, la morte del figlio, ma composta nel suo infinito dolore. Il suo arrivo è aspettato con grande commozione da tutta la folla dei fedeli. Precedono e seguono la “vara” le donne del popolo devote della Madonna, spesso scalze, vestite anch’esse di nero e col capo coperto, con un cero acceso in mano. Il bianco baldacchino ricamato viene usato solo all’uscita e all’entrata dopo che nel 1970 la statua è stata tolta dalla sua antica vara più ampia dell'attuale podio. L'opera è stata eseguita nella prima metà del '700 sostituendo una primordiale scultura andata distrutta. Un tempo la statua veniva condotta a spalla dai figli delle nobili famiglie trapanesi vestiti con sacco rosso, cappuccio e mantello bianco. Nel corso del tempo l'uscita della Madonna è stata affidata a diverse categorie che si sono estinte o sostituite ad altre.Nell’800 fu affidato ai camerieri e ai dolceri.





   







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